Vangelo Nichilista by Luther Blissett - HTML preview

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Come cambiare il mondo

Teoria dei rivolgimenti

<<No, non è una dannata poesia. / è un cavallo che dorme. / una farfalla dentro

il tuo cervello. / questo è il circo del diavolo. / e non la stai leggendo su una

pagina. / è la pagina che legge te>>

Charles Bucowski

Non sono io ad essere privo di ispirazione ma lo è tutto ciò che mi

circonda; ciò che ho sotto i piedi e sopra i capelli; ciò che vedo, che

sento, che scrivo.

Non sono io che fuggo da me stesso. Non sono io ad avere paura, è lei

che ha me.

E’ l’assurdo, è l’inspiegabile, è la morte che mi teme.

Il mondo è rappresentazione e le rappresentazioni sono regolate da

codici. Con nuovi codici, disponendo di nuove grammatiche e di nuove

sintassi, è possibile interpretare il mondo in maniera diversa.

Per cambiare il mondo occorre cambiare le serrature e i linguaggi della

nostra interpretazione. Agendo sui codici è possibile trasmutare la nostra

rappresentazione del mondo, e di conseguenza il mondo stesso.

La nostra dottrina conciona: <<quando l’ultimo sbirro nelle nostre teste

sarà abbattuto a pistolettate dall’ultimo desiderio irrealizzato – forse

anche il paesaggio intorno a noi inizierà a cambiare>>.

Ora puoi chiedermi cosa farsene di una teoria che non ha effetti pratici o

applicazioni empiriche, ma ti sbagli. Cazzo se queste teorie hanno effetti

pratici! La nostra dottrina ribalta le persone e le fa mutare verso, sposta

le città e ne cambia il colore. La nostra dottrina fa molto di più che

cambiare le cose attorno a te, la nostra dottrina cambia te.

La nostra dottrina pontifica: <<siate voi il cambiamento che volete

vedere nel mondo>>, perché <<la rivoluzione sociale a venire sarà

anche molecolare, oppure non sarà>>.

La nostra dottrina è un farmaco contraddittorio che agisce sul cervello

per aumentare intelligenza e sensibilità. E’ la dottrina della Grande

Morte, propedeutica al Grande Risveglio. E' quella che a Paolo Alto

definirebbero <<l'arte della ristrutturazione dei problemi>>. E’ la via

delle ridefinizioni cognitive per uscire dall’embrajage della vita.

La nostra dottrina fa uso indiscriminato di tropi, e non fa differenza tra il

linguistico e l’extralinguistico.

La nostra è la dottrina del Kalama Sutta, del satori, della metanoia; e

dove c’è metanoia c’è sempre anche una catastrofe.

L'undicesima tesi

<<I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo>>

Ludwig Wittgenstein

Proveranno a dirci di non fare A, non essere B, non dire C. Faranno un

gran casino per spiegarci, prima di come vivere, come parlare. Ci

diranno: non-si-dice, ci diranno di piegarci a novanta gradi.

Noi non faremo nulla di tutto questo.

Noi non abbiamo bisogno di educazione. Noi non abbiamo bisogno di

controllo mentale. Noi non ci piegheremo a nessuna neolingua, fosse

anche la vecchia lingua. Non permetteremo a nessun bispensiero di dirsi

naturale, e naturalmente entrare nelle nostre vite pubbliche e private.

Noi siamo anomici, scopiamo e parliamo come cazzo ci pare. Noi siamo

in-fanti, tiriamo fuori la lingua, rispondiamo in glossolalia.

Tutto è segno, il segno è l’alfa e l’omega, l’origine e la fine. <<In

principio era la parola>> (Giovanni).

Il segno non è un qualcosa da interpretare, ma è già interpretazione

(Focault).

I linguaggi non sono solo gli strumenti per comunicare un pensiero, ma

sono i dispositivi per formarlo e produrlo. Le parole sono le forme di

maya. <<Non c’è Mente indipendentemente dalle parole>> (Daiju Ekai).

E' il nominare che istituisce l'essere e l'essenza di tutte le cose. La parola

crea mondo, non solo visioni del mondo (mondo anch'esso).

Dicono: <<la società capitalistica se ne frega della sintassi>>. Sbagliato:

la società capitalistica è la sintassi. E <<una sintassi è>> sempre <<un

sistema d’ordine, un sistema di comando>> (Deleuze).

<<Non è possibile nessun tipo di originalità letteraria finché si rispetta la

sintassi>> (Cioran), quindi non è possibile alcuna originalità e libertà

tout court.

Occorre abbattere l’omnioppressivo panopticon semantico, uscire dal

giogo paranoico dei significanti e delle significanze.

Il periodo latino ha naturalmente, come ogni imbecille, una testa

previdente, un ventre, due gambe e due piedi piatti, ma non avrà mai due

ali. Non avrà mai un 1912.

Sintassi, morfologia e grammatica sono una minaccia metafisica.

Dobbiamo liberarci di consecutio temporum , società capitalista e ansia

da prestazioni.

Ogni parola è un epos, una leggenda. Ogni sentenza è un tropo. Il

linguaggio, prima ancora dell'azione, è inautentico. La parola è un virus.

Il linguaggio è una menzogna. Ogni giudizio è un errore, ogni verità

un’interpretazione.

Il linguaggio è roba per apofanatici.

Il linguaggio è un rapporto sociale, ed è il labirinto in cui siamo

rinchiusi. E’ un rapporto di forze; l’essenza della volontà a noi imposta,

ma anche della nostra volontà.

Il linguaggio è il linguaggio della volontà, un campo minato in cui

esplodere o in cui godersi i fuochi d’artificio.

Il linguaggio è ambiguo e parla per me. Parla per frasi fatte, per forme,

per azioni, e dice sempre bugie. Ed è per questo che io scrivo. Ed è per

questo che io agisco.

Nessuna azione deve essere post o pre-vedibile. Nessuna costruzione

sociale o istituzione materiale, nessuna chiesa, nessun carcere.

Demistifichiamo a livello profondo come a livello narrativo.

Fomentiamo scardinamenti nella sintassi comportamentale e nella

morfologia sociale.

Superiamo i modelli della grammatica culturale dominante.

Distruggiamo, decostruiamo, destrutturiamo, facciamo sit-in nei labirinti

e buchi da una gabbia all’altra.

Se l'idea non coincide con la realtà il problema non è nell'idea, non è li

che si deve intervenire. <<Se i fatti non si adeguano alla teoria, tanto

peggio per i fatti>> (Hegel).

I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo: ecco perché

occorre superarli.

I linguaggi non devono limitarsi ad esprimere vecchi concetti ma

devono crearne di nuovi. La produzione del senso ha senso solo se è

trasformazione del senso (Greimas). Nuovi codici riassestano il

continuum, creano nuove rappresentazioni, e quindi nuove realtà. Si

reinventa la forma del contenuto e si semina il germe del relativismo.

Creando espressioni nuove si creano contenuti nuovi, si modella il

sapere, si crea mente e spiagge assolate in Adriatico.

Il logos non è un sistema per riferirsi alla realtà ma per superarla.

Bisogna divertirsi col linguaggio e creare nuove regole, perché <<la vita

è solo un gioco di parole>> (Tzara).

La nostra ricerca formale è creazione di sensibilità, la nostra

sperimentazione estetica è ricognizione etica. Noi indaghiamo nuove

formule sociali, sperimentiamo nuove architetture epistemologiche.

Noi vogliamo un linguaggio asciutto e assoluto per andare oltre la

mimesi. Vogliamo cambiare in ogni senso, cambiare anche il modo di

cambiare ed il modo di affermarlo. Vogliamo agire licenziosamente,

aprirci delle strade e rivendicare delle libertà. <<La lotta per il

linguaggio è la lotta per la libertà di vivere>> (Vaneigem) e di morire.

Il cambiamento è il presupposto per l’esistenza dello spazio e del tempo.

Negare il linguaggio dominante è il passaggio obbligato per arrivare alla

negazione del linguaggio in sé; e la fine del linguaggio porta alla fine del

mondo come lo conosciamo.

Noi vogliamo fare del reale un palímpsìstos. <<La Via è oltre il

linguaggio, perché in essa non c’è nessun ieri, nessun oggi e nessun

domani>> (Seng-ts’an).

I linguaggi hanno solo diversamente espresso il mondo, ora si tratta,

consapevolmente, infinitamente, di cambiarlo.

P.S.

I filosofi hanno solo diversamente creato grandi costruzioni teoriche, ora si

tratta di distruggerle. (Qualcuno dovrà pur finire il lavoro, no?)