Salvati dalla Sua Vita by Marco Galli - HTML preview

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CAPITOLO 3

LA TEORIA DELL’UNIONE CON CRISTO

 

 

 

Perché se siamo stati totalmente uniti

a lui in una morte simile alla sua,

lo saremo anche in una risurrezione simile alla sua.

Lettera ai Romani 6:5

 

 

 

L’idea di un’unione spirituale con Cristo, che pervade una parte rilevante del Nuovo Testamento, non fu mai elaborata in forma compiuta di teoria della salvezza, ma si presenta in varie forme già a partire dal secondo secolo, come abbiamo visto nel precedente capitolo. Non si tratta di una vera e propria teoria, potremmo definirla un assunto generale, ma la sua rilevanza è tanto centrale, quanto trascurata, nell’ambito della salvezza. Stiamo parlando dell’unione con Cristo, definita alternativamente theosis (divinizzazione), che ha caratterizzato gran parte della teologia delle Chiese Orientali, le quali ebbero uno sviluppo separato e mantennero concezioni antiche della chiesa primitiva.42 Secondo tale ipotesi, la nostra salvezza deriverebbe dal semplice fatto di essere stati uniti a Cristo e di avere quindi ricevuto, per mezzo di tale unione, ogni possibile beneficio spirituale.

 

 

3.1. La teoria dell’Unione con Cristo

 

Il concetto d’unione spirituale con Cristo venne esposto per primo da Gesù in persona il quale affermò: “Dimorate in me, e io dimorerò in voi”;43Come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch’essi siano uno in noi”;44Conoscerete che io sono nel Padre mio, e voi in me, e io in voi.45 Successivamente, l’apostolo Paolo sentenziò che il segreto nascosto da secoli era stato rivelato: “Gesù Cristo in voi, la speranza della gloria”; “O ignorate forse che tutti noi, che siamo stati battezzati [immersi] in Cristo Gesù, siamo stati battezzati [immersi] nella sua morte?”; “Non c’è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù […] perché la legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù mi ha liberato dalla legge del peccato e della morte”; “Ed è grazie a lui [Dio] che voi siete in Cristo Gesù”; “Crocifissi con Cristo”, “Morti con Cristo”, “Risuscitati con Cristo, la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio”.46

Di conseguenza, un’idea di un’unione spirituale con Cristo divenne un concetto largamente diffuso e accettato tra i Cristiani della prima Chiesa, i quali stavano elaborando una teologia sulla base dei testi e delle testimonianze pervenute dagli Apostoli. Leggiamo infatti da Ireneo nel II secolo:

 

Il Verbo di Dio si è fatto uomo, e Colui che era il Figlio di Dio si è fatto Figlio dell’uomo, affinché l’uomo, essendo stato assunto nel Verbo, e ricevendo l’adozione, potesse diventare figlio di Dio. Perché in nessun altro modo avremmo potuto raggiungere l’incorruttibilità e l’immortalità, se non fossimo stati uniti all’incorruttibilità e all’immortalità.47

 

Similmente, Atanasio48 nel IV secolo affermò: “Il Verbo stesso di Dio si è fatto uomo perché noi potessimo essere fatti Dio”,49 e ancora:

 

L'incorruttibile Figlio di Dio, essendo unito agli uomini per mezzo di una natura simile, ha naturalmente rivestito tutti di incorruttibilità, mediante la promessa della risurrezione. Perché la corruzione attuale nella morte non ha più alcuna presa contro gli uomini, a causa del Verbo, che con il suo stesso corpo è venuto ad abitare in mezzo a loro.50

 

Nell’Alto Medioevo, Agostino affermò che, se siamo partecipi della sua stessa natura, la vita eterna immortale, diveniamo uno con lui pur rimanendo distinti da lui:

 

Il Figlio di Dio è la vita eterna; perciò, anch’egli è compreso con il Padre nelle parole: il solo che possiede l’immortalità. E noi stessi, fatti partecipi della sua vita eterna, diventiamo immortali nel modo a noi concesso. Ma una cosa è la vita eterna di cui diventiamo partecipi, altra cosa siamo noi che, per quella partecipazione, vivremo in eterno.51

 

Nel Basso Medioevo fu invece Bernardo di Chiaravalle52 a riproporre l’idea, sebbene in maniera più sfumata, nel suo commento al Cantico dei Cantici:

 

La bocca che bacia significa il Verbo che assume la natura umana; [...] Un bacio fecondo, dunque, una meraviglia di stupendo abbassamento di sé che non è una semplice pressione di bocca su bocca; è l’unione di Dio con l’uomo. Normalmente il tocco di labbra su labbra è il segno dell’abbraccio amoroso dei cuori, ma questo congiungimento di nature riunisce l’umano e il divino, mostra Dio che riconcilia “a sé tutte le cose, sia sulla terra che in cielo”. Perché egli è la pace tra noi, e ha fatto dei due una cosa sola.53

 

In seguito, quest’idea perse rilevanza, divenendo quasi marginale nell’ambito della teologia, se non per alcuni mistici.54 L’interpretazione più diffusa è che la reintroduzione del pensiero aristotelico nel contesto culturale diede vita a un sincretismo tra cristianesimo e filosofia greca, che formò la base della teologia scolastica, diffusasi ampiamente nel secondo millennio. La filosofia aristotelica, in particolare, presentava un’idea di Dio come “motore immobile”, un Dio astratto, lontano e impersonale, con il quale l’idea di un’unione metafisica mal si adattava. Le categorie, le virtù etiche, l’uso della ragione come mezzo per la realizzazione personale, l’uomo e le sue capacità, furono le basi aristoteliche sulle quali si poggerà lo sviluppo del pensiero cristiano occidentale, non lasciando molto spazio all’esperienza mistica. Nel periodo Umanista e poi in quello Illuminista, il baricentro si spostò ancor di più verso l’uso della ragione come guida in tutti i campi del sapere e della conoscenza. Tuttavia, in ambito teologico, non mancarono le voci fuori dal coro; Giovanni Calvino scrisse nel suo Istituzioni della Religione Cristiana:

 

Attribuisco dunque la massima importanza alla connessione tra il capo e le membra; all’inabitazione di Cristo nei nostri cuori; in una parola, all’unione mistica con cui godiamo di lui, in modo che, essendo fatto nostro, ci rende partecipi delle benedizioni di cui è fornito.55 [1536]

 

Thomas Goodwin, nel 1692, affermò che “il nostro essere in Cristo e uniti a lui è la costituzione fondamentale del Cristiano”,56 mentre per Jonathan Edwards:

 

L’unione del cuore di un credente con Cristo è iniziata quando è attirato a lui dalla prima scoperta dell’eccellenza divina, alla conversione; e in conseguenza di questa attrazione e avvicinamento del suo cuore con Cristo, si stabilisce una reciproca unione vitale con Cristo.57 [1720]

 

Quest’idea, dopo duemila anni di alterne fortune, giunse infine alla nostra epoca:

 

La salvezza che viene da Dio significa essere completamente liberato da me stesso, ed essere messo in perfetta unione con lui.58 L’amore del Padre è la prova che la nostra unione con Gesù è completa e assoluta.59 [1927]

 

La comunione tra Dio e l’uomo è il fine a cui sia la creazione che la redenzione sono i mezzi; è la meta a cui sia la teologia che la predicazione devono sempre puntare; è l’essenza della vera religione; è, infatti, la definizione del cristianesimo.60 [1990]

 

Oggi, con la crisi del pensiero illuminista e grazie alle scoperte scientifiche che hanno scardinato le certezze del modello razionalista, sta probabilmente riemergendo questa realtà che fu tanto centrale nella teologia della prima Chiesa. Le difficoltà attraversate dai sistemi organizzati, e in particolare delle Chiese, accompagnate da un crescente individualismo, stanno spingendo a una ricerca interiore e a una spiritualità più personale e di comunione diretta.

In conclusione, nel discorso generale sulla salvezza, non possiamo assolutamente prescindere da questo ideale dell’unione spirituale con Cristo, che risulta fondamentale per la fede di ogni Cristiano.

 

Niente è più centrale o basilare dell’unione e della comunione con Cristo. […] L’unione con Cristo è davvero la verità centrale di tutta la dottrina della salvezza, non solo nella sua applicazione ma anche nel suo compimento una volta per tutte nell’opera finita di Cristo.61

 

 

3.2. Critiche alla teoria dell’Unione con Cristo

 

Più che a vere e proprie critiche, quest’idea d’unione con Cristo è stata messa in discussione da alcuni studiosi, i quali sostengono si trattasse solamente di un linguaggio metaforico. Le modalità di esprimersi degli autori del Nuovo Testamento erano infatti molto diverse da quelle attuali, per cui ciò che avevano voluto comunicare potrebbe essere stato frainteso. Secondo questi studiosi, ai tempi della prima Chiesa, quando si parlava di unione con Cristo o vita in Cristo, si trattava di metafore per intendere essere seguaci, fedeli e leali osservatori dei principi e della causa promossa da Cristo, rispettare i suoi insegnamenti e comportarsi imitando il suo stile di vita:

 

La gente dei primi secoli avrebbe compreso facilmente l’idea di imitare Gesù attraverso questo linguaggio metaforico. I lettori moderni, tuttavia, spesso mancano o fraintendono il suo significato. Questo linguaggio include idee come partecipare in Cristo, dimorare in lui e vivere in lui. Vengono usate metafore di nascita e di famiglia: essere nati, adottati, battezzati, o nominati come figli di Dio o fratelli di Cristo. Tutte queste diverse metafore si riferiscono all’imitazione di Gesù e all’essere come lui.62

 

 

3.3. Conclusione

 

Abbiamo visto come l’idea d’unione con Cristo si sia mossa lungo i secoli, già a partire dagli scritti del Nuovo Testamento. È difficile dire, da un punto di vista meramente letterale, se si trattasse di un’idea metaforica o di un fatto oggettivo, probabilmente entrambe le cose. Sarebbe tuttavia arduo pensare a un cristianesimo che non sia fondato su un’unione spirituale con Cristo; ricevere lo Spirito Santo in noi, essere trasformati dalla sua azione, guidati dalla sua sapienza ed edificati nel suo amore, non credo sia un’opzione o un modo di esprimersi solamente metaforico, quanto piuttosto una realtà nella vita di ogni credente. Lo Spirito Santo è lo Spirito di Dio, lo Spirito del Padre così come lo Spirito del Figlio. Non essere uniti allo Spirito di Cristo significa non appartenergli,63 non conoscerlo e non essere intimi con lui. Non stiamo parlando di una comprensione intellettuale o della mera imitazione dello stile di vita di Gesù, ma di una compartecipazione alla sua natura spirituale che ci renda uno con lui affinché la vita, la gioia, la pace e l’amore che sono in lui divengano nostri. Non dobbiamo però eccedere nella direzione “spirituale” di tale unione, per cercare di trascendere la realtà materiale, come abbiamo visto al capitolo precedente; l’unione con Cristo, come sottolineava Ireneo, deve portare l’uomo ad “umanizzarsi”, a divenire completo ed efficace nel mondo come fu Gesù, non a divinizzarsi per uscire dal mondo, come invece insegnano lo gnosticismo e alcune religioni orientali.