Le Mie Idi Di Marzo by Francesco Masocco - HTML preview

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Introduzione

Perché ho intitolato la mia raccolta con un avvenimento cosi importante, le “Idi di Marzo”? Tutti sappiamo bene o male cosa sono le Idi di Marzo, per chi non lo sapesse, è il termine con il quale si indica l'assassinio di Giulio Cesare, imperatore romano.

Il 15 Marzo del 44 d.C. egli fu assalito da un gruppo di senatori contrari al potere immenso che Cesare stava raggiungendo, considerandolo cosi un elemento troppo pericoloso, perciò dovettero porre fine alla sua carriera e alla sua esistenza.

Tra gli assassini vi erano anche familiari di Cesare, come Bruto, al tal proposito possiamo ricordare la famosa frase “ Tu quoque, Brute, fili mi! “ ( Anche te, Bruto, figlio mio ! ), ultime parole dell'imperatore dirette al figlio intento a pugnalarlo.

Insomma, Cesare viene assassinato da persone che fino ad ora aveva sempre avuto attorno, con cui aveva sempre parlato e si era sempre relazionato, le conosceva bene, eppure, data l'invidia e il rancore che le persone provavano verso di loro, fu brutalmente trucidato.

Vi starete comunque chiedendo cosa accomuna la tragedia dell’imperatore al perché io abbia scelto questo titolo:

Fate come io fossi Giulio Cesare e ,la vita, con tutto ciò che ne comporta, fosse il mio Bruto.

Ho posto tante aspettative nella vita, tante gioie, tante speranze, cose che alla fine mi sono ritrovato contro, con le quali ho dovuto combattere. Spesso ne sono uscito perdente, poche sono state le volte in cui ho potuto cantar vittoria, se ciò accadeva, subito dopo un'altra battaglia si sarebbe innescata, perciò neanche un momento di gloria mi sarei potuto godere.

Senti che ogni singola cosa ti stia puntando il dito contro, ti giudica, ti fissa, e te non puoi fare a meno di soccombere a tutto ciò, di cercare una via di fuga, di scappare, ma ti ritrovi sempre dinanzi lo stesso muro da dover solcare, ti sporgi, vedi altri muri, infiniti, quasi non si vede un accenno di fine, ma non voglio star qui ad appesantire la vostra mente con questi discorsi, quando leggerete ciò che ho prodotto vi sarà tutto più chiaro.

Ho dato questo titolo anche perché questi componimenti sono stati partoriti nel mese di Marzo, esclusivamente in questo mese poiché è stato un periodo di forti emozioni e sensazioni ( non che gli altri non lo siano stati, ma mai cosi prima d'ora ). Non parliamo di scritti elaborati a tavolino con una grande studio dietro, ma semplicemente emozioni trascritte in parole, per quanto io possa essere in grado di fare una simile traduzione ovviamente.

Potreste sentire un sapore amaro leggendo ciò che ho scritto, ma è cosi che io vedo la vita, amara, ma comunque affrontabile, anzi, è proprio qui che le cose cambiano, avere coscienza di ciò che è la vita e di ciò che potrebbe essere, assimilare questo concetto e andare avanti. Cerco di sfruttare questa coscienza, questo sapere, e lo posso fare in tanti modi, con la musica, con la pittura, con il disegno o come in questo caso con la scrittura.

La condanna è questa, esserne coscienti, ma sarebbe anche più pesante dover vivere con questa certezza e farsene un peso immenso, lo è di per se alla fine, ma cerchiamo di alleggerire questo carico, cerchiamo di renderci un po' più autonomi o diventeremo schiavi di qualcosa dalla quale è impossibile fuggire.

Lo ammetto, mi è successo, spesso mi succede di pensare ciò e di cadere, anche nei miei scritti si può intravedere ciò, ma quel che conta di più e trovare quel briciolo di forza per poi riprendere la via.

Perdonatemi se non troverete introduzioni alle mie poesie, o almeno qualche sorta di parafrasi, ma voglio che ognuno di voi colga ciò che ha da cogliere, senza il giudizio di un terzo, che ci si rispecchi a suo modo, che senti a suo modo e che veda a suo modo.

Perdonatemi anche se le mie parole sono state esaustive e povere, ma ciò che dovrete sapere lo troverete più avanti.

Capiterà che voi allegherete le mie poesie ad episodi o a sensazioni che io in quel momento non ho minimamente provato, per spiegarvi ciò vi propongo un passo di un grande libro del signor Pirandello, dal libro Uno, nessuno, centomila:

“ Ma il guajo è che voi, caro mio, non saprete mai come si traduca in me quello che voi mi dite. Non avete parlato turco, no. Abbiamo usato, io e voi, la stessa lingua, le stesse parole. Ma che colpa abbiamo, io e voi, se le parole, per sé, sono vuote? Vuote, caro mio. E voi le riempite del senso vostro, nel dirmele; e io, nell'accoglierle, inevitabilmente, le riempio del senso mio. Abbiamo creduto d'intenderci; non ci siamo intesi affatto. “

Detto ciò vi lascio a ciò che aspettavate, anzi, non aspettatevi nulla, non siate pretenziosi, qualcosa nella lettura vi guiderà.

La ballata dello scoglio

E si naviga su queste onde

si naviga intrepidi

La bufera scatena tutti i suoi mali sul mio capo

Ed io, piccolo uomo nulla posso

contro di lei

Risparmiami o mare

poiché io sempre ti ho amato

Ascolta la mia supplica che nulla può

contro la tua forza

Non piegarmi ma sollevami verso di te

Innalza questo miserabile uomo che nulla vale

Amami

come io sempre ho amato te

E se anche te avverti ciò che circola nel mio ventre

E se anche te vuoi sentirti amata come io sogno Afferrami e fai si

che la tua presa sia salda

Il tuo viso candido e puro illumina

E mentre il mio corpo

viene invaso da te

Mi lascio cullare dalla tua canzone

che qualcosa mi ricorda

Queste note che tagliano l'aria tesa come un filo

Risucchiano l'essenza del dolore

che mi provocasti

Come uno sciocco prendo il sonno e il buio diventa amico

Isteria

E si spegne tutto con un soffio emanato da un verbo

che mai ho potuto accettare

non ostante a me sia fratello

Le mie orecchie tapperei per non sentire ancora quei tremendi striduli

che lacerano il mio cuore

I miei occhi caverei per non vedere ancora

questa solitudine angosciante

che appesantisce il mio animo

Il mio cuore disunirei per non sentire ancora

quei crampi, cosi intensi

che in ginocchio mi ritrovo

La mia mente cancellerei per non comprendere ancora la cruda e mia verità che mi genera demoni attorno

Gelata

Quella gioia che non ascoltavi da tanto tempo ora giunge

Corre come un purosangue e scuote lampi

ad ogni suo passo a te s'avvicina

E come arriva, va evapora, nel nulla e te che eri carico ti ritrovi nullo

In ginocchio il tuo cuore implora pietà, chiede venia ma sai che non potrai mai

esaudire la sua richiesta

Ti osservi e senti di nuovo il grande gelo

Ella mi parlò

Maestosa roccia che il tuo sguardo

volge verso l'infinito

insegnami la solitudine

Insegnami a vivere in essa

senza giudizio e senza paura

Conducimi alla vittoria cosi che io

non possa vedere ancora

questo macabro spettacolo

Roccia, grande roccia si estende per miglia nulla la contrasta e tutti la amano

Roccia, mia roccia svelami i tuoi segreti fammi sentire

grande come te

Quest'unicità che tanto mi rammarica solo te puoi apprezzarla e solo te puoi capirla

Con ciò, mia roccia prendimi con te

e saremo insieme

padroni del mondo

La solitudine con te avrà un altro sapore

io non posso più star in questa folla Arrivo, sarò con te e quando ci abbracceremo ogni mia lacrima sarà raccolta