Vangelo Nichilista by Luther Blissett - HTML preview

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Sul mondo sbagliato

<<La mia mente non è in pace>>

Hui-ko

<<L’esistenza, per sua natura ed essenza propria e generale, è

un’imperfezione, un’irregolarità>> (Leopardi).

L’esistenza contiene in sé un errore di base, un bug, un evidente difetto

di forma (e quindi di sostanza) dal quale non si può prescindere.

Chiamiamo questa anomalia <<uomo>>, cioè l'ente che si pone la

domanda sul senso dell'essere.

L'uomo si pone il problema del perché e non riesce a risolverlo, non

trova soluzione alcuna al dilemma esistenziale nato con lui.

Si palesa quindi un ordine naturale difettoso ed erroneo, un'

<<imperfezione della natura>> (Dobzhansky), un <<errore>>

(Nietzsche, De Casseres, Cioran, Jaspers, Foscolo, ecc.), una

<<colpevolezza dell'esserci>> (Heidegger, Sartre) che non chiude su di

se il cerchio aperto con l'esistenza.

C’è un’incompiutezza insuperabile in qualsiasi ragionamento si voglia

adottare per spiegare la logica del mondo, e il fatto stesso che la mente

umana lo percepisca è segno inconfutabile di quell’errore. Cogito

l’errore, dunque l’errore è (questo stesso ragionamento è erroneo).

L’errore esiste perché è nella mia mente, ed è nella mia mente perché

esiste.

L’uomo è un programma mal compilato, una sofisticata macchina

risolutrice di enigmi esistenziali che gira senza averne compreso il

senso. Dio ha creato il risolutore ma ha dimenticato di fabbricare il

problema (o la soluzione) e questo crea qualche problema.

L’errore è la verità dell’essere, la sua forma, il suo nome. <<La verità,

prima che faccia a faccia, si manifesta a tratti (ahi, quanto illeggibili)

nell'errore del mondo>> (Eco). L’errore è la limitatezza, il dualismo, la

caducità, l’incomprensibilità, la nevrosi, l’aporia, ed il fatto che io lo

pensi, che io lo affermi.

L’errore è il motivo per cui i metafisici si sono intestarditi a cercare un

altro mondo privo delle contraddizioni e degli errori di cui è pieno

questo.

L’errore è la <<malattia mortale>> del nichilismo; è ciò che differenti

tradizioni chiamano <<male>> o <<sofferenza>>. E’ la bisognosità

incolmabile, la lebensnot, la sovrabbondanza dell’essere rispetto

all’esistenza. E’ quello che i credenti indicano come <<abbandono di

Dio>>, che i materialisti chiamano <<clinamen>>, i filosofi <<problema

cosmico>>, i logici <<terzo incluso>>. E’ ciò che l’uomo ha descritto in

tante forme diverse in migliaia d’anni di speculazioni.

L’errore panico è la chiave di volta dell’esistenza, declinato nelle cento

forme del nichilismo, della contraddizione, dell’assurdo; ed è una chiave

che non apre porte, che non da spiegazioni, che non fornisce

interpretazioni.

Il fatto di non poterci spiegare, il fatto di essere limitati (o il fatto di

crederlo) è segno di quell'errore, come lo è il fatto che l'universo non

collassi su se stesso alla luce di questo.

L’errore intrinseco della vita è il duhkha, il dolore dell’essere, l’angoscia

cosmica, la sofferenza esistenziale che prende forma al suo massimo

grado nel problema insolubile postosi dall’uomo riguardo la coscienza di

se.

Il mondo è sbagliato perché ha generato un ente che si pone il problema

dell'essere.

L’errore è il <<nonsense strutturale>> (Arena), la UR-diagnosi, la

diagnosi assoluta, sciolta da ogni legge.

La contraddizione, lo sbaglio, è nel mondo perché è in queste pagine.

L’errore è nelle tue opinioni, e non c’è niente che tu possa fare per

correggerle.

La mia mente afferma l’errore e non si sbaglia, e comunque, male che

vada, altro non può che sbagliarsi anche in questo.

In ogni caso c’è un errore: o è quello che rilevo nel mondo, oppure è

quello che commetto nel rilevarlo. (Cosa? C’è forse un errore nella mia

analisi?)

Il dilemma esistenziale potrebbe essere l’ultimo stadio raggiunto

dall’evoluzione; l’uomo che sviluppa il suo più alto grado di potenzialità

arrivando a sconfinare su se stesso in un cortocircuito evolutivo.

Potremmo aver raggiunto un livello di complessità tale da rivolgerci

verso una realtà più piccola e meno potente di noi, una realtà che non è

all’altezza delle nostre domande.

In un ipotetico dualismo, una delle due cose deve essere

qualitativamente inadatta all'altra: o l'uomo non è in grado di capire

l’infinità dell'universo, o l'universo non è abbastanza grande da

soddisfare la sete di comprensione dell'uomo.

Se non si trova ciò che si cerca bisogna considerare la possibilità di aver

sbagliato non il metodo ma l'oggetto cercato.

L’errore è tautologico e proteiforme; esso confuta, distrugge e

decostruisce. Nulla esiste fuorché l'errore.

L’uomo tenta di comprendere il reale, ma non riuscendovi ipotizza in

esso un difetto che ne pregiudica la comprensibilità e l’accettazione.

L’uomo riscontra un errore nel mondo, ma i punti di vista possono

essere capovolti. L’errore può risiedere non nel mondo, ma nell’uomo:

nell’ente che teorizza l’errore dell’essere.

Perché esiste un dilemma esistenziale?

Domanda e risposta, come affermazioni e ipotesi, sono concetti buoni

solo per essere tagliati da rasoi trecenteschi.

L’errore è infatti l’errare senza meta nel circolo vizioso delle

potenzialità e dei dualismi.

L’oca è fuori. L’enigma non v’è. La domanda, ibis redibis, è quella cosa

che non ci sarebbe se l’uomo non se la ponesse. La mente è inquieta

perché è inquieta, placarla è l'unico modo per placarla.

La domanda è ingannatrice e pregiudiziale. La quiddità non può essere

presupposta. Il linguaggio è una trappola linguistica.

Rispondiamo al quesito: <<perché esisto?>> La stessa cosa che

avremmo replicato alla domanda: <<le idee verdi senza colore dormono

furiosamente?>>, oppure: <<marte dagli occhi rossi non ha mai vacillato

nella sua orbita funicolare?>>, o: <<perché vi è, in generale, l’essente e

non il nulla?>>, o ancora: <<gli androidi sognano pecore elettriche?>>.

Ogni domanda è un koan, e lo è ogni risposta.

Tutti i problemi sono prese in giro, e tutte le spiegazioni sono

supercazzole.

Ogni risposta è nell'errata posizione della domanda, errata in quanto

posta. <<Non resta più domanda alcuna; e appunto questa è la

risposta>> (Wittgenstein). <<La soluzione del problema della vita si

scorge allo svanire del problema>> (Wittgenstein).

La soluzione del problema è la sua dissoluzione. La via d’uscita dalla

contraddizione è quella di non cercare vie d’uscita e accettare

l'antinomia. Lo scioglimento dell’errore: il non considerare l’errore

come qualcosa da sciogliere; il non considerare la questione dell’essere

un problema, una difficoltà, una fonte di preoccupazione.

<<Ogni concetto di colpa è oggettivamente privo di valore, ma,

soggettivamente, ogni vita è necessariamente ingiusta e alogica>>

(Nietzsche). Le nostre vite sono ingiuste perché alogiche. L’uomo non

riesce a darsi un senso, a dare un senso alla sua sofferenza, così la

interpreta come colpa.

Non esiste errore, non esiste problema, ma l’uomo vuole risolverlo a

tutti i costi. L’errore è quindi l’errare alla ricerca di questa soluzione, e

perdersi nell’ambage.

L’errore è ciò che l’uomo ha narrato in mille forme diverse in migliaia

d’anni di storia. Ciò che chiamiamo storia, altro non è che la storia di

questo errore.

Bisogna comprendere il bias della precomprensione e della gabbia

tautologica, <<l’inscindibilità del contenuto obiettivo e del soggetto

osservante>> (Bohr).

Affascinati e terrorizzati da noi stessi (prendi due, paghi uno), scoprire

di essere inadatti a rientrare nei nostri stessi schemi. Scoprire che il

nostro mondo è sbagliato e che il suo errore è colpevole.