Vangelo Nichilista by Luther Blissett - HTML preview

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Nemesi Dada

<<Non è il nostro un eterno precipitare? Con che acqua potremo lavarci? Quali

riti espiatori, quali giochi sacri dovremo noi inventare?>>

Friedrich Nietzsche

Il mio volere ha a lungo sovrastato il mio essere, ma un mutamento in

senso dialettico dell’istanza negatrice ha fatto in modo che giungesse,

per tutte le mie maschere, il tempo della psicagogica.

E’ giunto il tempo dell’anamnesi, del Kali Yuga, della precipitazione,

della rivelazione. Il tempo in cui l’autocoscienza si oggettivizzi e

l’assoluto si riconcili con se stesso. Il tempo in cui la storia dello spirito

giunga a compimento e si elimini la sua nozione.

Ed è per questo che è arrivato il momento di scrivere, con la ipnosi, in

un senso più generale, Temi e Treni e anche Profezie.

* * *

Tutto è per essere disperso, consunto, distrutto. Scempi di beni,

ricchezze, energie. Vuoti di memoria, senno, senso. Le sabbie dei deserti

bramano concimi di sangue. Le torri più alte e le chiese fremono di

sprofondare cento metri sotto ogni terra. Polluzioni, guerre, religioni e

ideologie non bastano più: avendo bisogno di un senso assoluto occorre

una dépense assoluta.

Il nostro istinto di conservazione è anzitutto psichico. E' la mente ciò che

cerchiamo di conservare. Il fatto che <<non di solo pane vive l'uomo>>

è una Nobile Verità (la seconda).

Consideriamo la nostra semenza: <<l'aggressione biologicamente non-

adattativa, maligna - e cioè la distruttività e la crudeltà - non è una difesa

contro minacce; non è programmata filogeneticamente; è caratteristica

esclusiva dell'uomo [...] La distruttività è una delle possibili risposte a

esigenze psichiche radicate nell'esistenza umana>> (Fromm).

Il mondo dell'esistenza, più che un errore (uno sbaglio) ha commesso un

crimine, ma con la morte dell'etica l'unica assoluzione possibile rimane

quella estetica.

In altri termini, <<la salvezza della nostra civiltà postmoderna può

essere solo una salvezza estetica>> (Vattimo).

Essendo l'errore una relazione, ed essendo inattuale (con la morte di

Dio) il sacri-ficio mitopoietico, non resta che risolvere tale imperfezione

in altro modo, eliminando tragicamente l'altro elemento della relazione.

L'unica espiazione possibile sarà quindi un'espiazione definitiva. L'unica

arte un'arte-limite, un'arte olocausta. Fiat ars – pereat mundus.

L’arte non è mimesis, <<l' arte non è uno specchio per riflettere il

mondo ma il martello con cui scolpirlo>> (Brecht). <<L'arte non è

un'imitazione della natura ma il suo complemento metafisico, levato

accanto ad essa per sopraffarla>> (Nietzsche).

Ci siamo nutriti a lungo di distruzione, ma ora cosa colmerà il nostro

vuoto? Il vuoto chiede di essere riempito, ma non trovando contenuti

demoliamo i contenitori. Se non possiamo demolire il ragionamento

dobbiamo demolire il ragionatore.

L'uomo non può vivere senza segni, senza senso, senza valori, senza

narrazioni. Ma con la fine di queste, arriva inesorabile la fine dell'uomo.

Con la fine delle storie arriva la fine della storia. <<Non basta che

l'uomo sia diventato quel che la storia lo ha fatto [...] bisogna ancora che

si distrugga, perché comunicare richiede la perdita di sé>>

(Baudrillard).

<<Se noi non consideriamo la morte di Dio una grande rinuncia ed una

vittoria su noi stessi, dovremo pagare per questa perdita>> (Nietzsche).

Ed ecco il conto.

Il cristianesimo ha fatto morire Dio per i peccati degli uomini, toccherà

forse agli uomini sacrificarsi per gli errori commessi da Dio?

Il nostro scopo finale è l’eliminazione dell’Endzweck. L’irrazionale non

dice di essere, o fa un’equazione, o, e, quindi. L’ammazza storicismo è

una lancia storicista che va a ritroso.

Dobbiamo chiudere il cerchio delle rinascite. Liberazione da nascita-

morte e fine delle sofferenze.

L’uomo è l’inizio e la fine del problema, degli inganni e delle verità. La

sofferenza è in quanto è l’uomo. Per porre termine al dolore occorre

porre termine all’uomo.

Nessun uomo e quindi nessuna soteriologia.

Ci sono ancora troppe storie. Troppe narrazioni, troppe parodie che

sappiamo essere false. Abbiamo bisogno di storie nelle quali rifugiarci,

non-storie, opere d'arte assolute nelle quali trovare asilo, nelle quali

immaginare definitivamente il mondo.

Occorre <<una preghiera sfrenata, una preghiera distruttrice,

polverizzante, una preghiera che irradia la fine>> (Cioran).

Occorre compiere un viaggio oltre la fine delle narrazioni, un viaggio

pericoloso, un viaggio senza ritorno. Occorre un drug, un phármakon:

qualcosa che sia allo stesso tempo un rimedio e un veleno. Una

narrazione-kamikaze che ci accompagni alla fine delle rappresentazioni,

e quindi alla fine del mondo.

<<Al punto attuale della storia io penso che ogni concepibile dottrina sia

stata già predicata e che, in qualche misura, il suo insegnamento abbia

avuto un effetto>> (Bataille).

<<Tutta la nostra cultura europea si muove in una torturante tensione

che cresce da decenni in decenni, come protesa verso una catastrofe:

irrequieta, violenta, precipitosa>> (Nietzsche).

E’ giunto il tempo di fronteggiare la catastrofe, e di assumerci le

tremende responsabilità dei nostri pensieri, perché <<non possiamo più

eludere le conseguenze delle nostre teorie>> (Cioran).

E’ giunta l’ora di far crescere, come bambù, i fiori profetici delle nostre

potenzialità, e far tramontare il nostro sole occidentale, eternamente

calante.

Sarà l'ultimo rito collettivo; l'ultimo sacrificio.

Sarà la grande fine. Arriverà con un cenno del capo o con uno schiocco

di dita perché gli dei, come i gangster, non parlano ma muovono la testa

e tutto si compie. Sarà un epifania, e quindi un’apocalisse. Saranno le

nostre somme che, tirandole, ci prenderanno alla gola e ci strozzeranno.

Stringhe dada o dhyana, superstringhe protese nel lato oscuro della

Forza. Sarà l’ora segnata dal destino che batte nel cielo della nostra

civiltà. L’ora delle decisioni irrevocabili.

Occorre un’opera che ci violenti e che ci salvi. <<Ogni salvezza che non

provenga da là dove ha luogo il pericolo, è ancora sventura>>

(Heidegger).

<<Abbiamo bisogno di opere forti, dirette e incomprese, una volta per

tutte>> (Tzara), <<prodotti indomabili nella loro contraddizione>>

(Ball).

Opere d’arte come potlach definitivi e irreversibili. Una mutazione, una

discontinuità, una catastrofe.

Abbiamo bisogno di un opera che ci sovrasti e ci superi. Il Dio dei

supereroi; gli architetti delle cattedrali.

Un’opera talmente bella da essere vera. Un testo senza possibili

interpretazioni. Un’opera scritta nella storia. Un’ipostasi intollerabile.

Un ultimo canto del capro, una litania espiatoria. Un’opera così forte da

redimerci anche senza aver mai peccato. Un’invenzione irripetibile, un

hapax metapsichico; un sogno nel quale non immaginare nulla, nel quale

il problema non si pone. Un mastodontico Livre-trappolapertopi con

chiusura automatica. Un pendolo, un adone nudo per strada, un

raccontatore di fiabe con in bocca l'unico oggetto veramente necessario.