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<<Ciò che non mi ammazza mi rende più forte – e ciò che mi ammazza mi
rende fortissimo>>
Ernst Jünger
<<Sono quasi contento che abbiano inventato la bomba atomica. Se c’è un’altra
guerra, vado a sedermici sopra>>
Jerome David Salinger
Stai sprofondando nel dubbio, nell’angoscia, nell’errore. Li hai dietro di
te, sotto di te, fuori di te. In essi stai affogando come nel tuo stesso
declivio.
Sei sulla bomba e stai precipitando al suolo.
Non essere teso, sei tu che l’hai voluto. Lasciati andare, goditi il
panorama.
La bomba sta per schiantarsi ed esplodere, sono due le cose che puoi
fare: urlare di paura e angosciarti, oppure gridare di gioia e sventolare
entusiasta il tuo cappello da cow-boy tra le nuvole.
Precipiti, ma non devi avere paura dello schianto. E’ la terra, piuttosto,
che dovrebbe temere il tuo arrivo.
Stiamo sprofondando nella menzogna, nel sarcasmo, nel nichilismo. Li
abbiamo dietro di noi, sotto di noi, fuori di noi. In essi stiamo affogando
come nel nostro stesso demone.
Non tentiamo fughe disperate o pianti buoni solo a seppellirci. Non
agitiamoci in goffe convulsioni e miseri rantoli. Assumiamo invece tutta
questa menzogna, tutto questo cinismo dentro di noi. Ingoiamo l'assurdo
fino all’ultima goccia e respiriamolo nei nostri cuori. Riempiamoci del
nostro senso di vuoto fino ad esplodere.
I paradossi, le antinomie, gli insolubilia hanno sempre rappresentato
l’iceberg dell’errore dell’esistenza, la sua imperscrutabilità, la sua
irrazionalità. Ora però dobbiamo smettere di tirar moccoli e dobbiamo
smettere di avere paura.
Ora tutto ha da permutare: i paradossi saranno le nostre chiavi di volta,
le pietre angolari della nostra struttura assente.
<<”Nulla in questo mondo è perfetto”. Con questo vano aforisma i
buoni si separano dal mondo e rifuggono nella loro stanzuccia a
rivolgere i loro pensieri a Dio, o trovano la quiete soltanto nella
coscienza di sé stessi. Ma noi invece siamo lieti di restare in questo
mondo “imperfetto” – poiché così ce ne potremo servire per il nostro
diletto>> (Stirner).
Se il nichilismo è il mondo moderno, la sua tecnica, la sua alienazione, il
suo destino, bisogna decidere se rivoltarglisi contro o prenderlo in
braccio.
La distruzione è un lieto annunzio, non qualcosa da temere. La
distruzione è un’operazione di propaganda.
Quello che audaci filosofi vogliono metterci in bocca, beh, noi serriamo
i denti e l’ingoiamo per poi vomitarglielo addosso: <<abbi il coraggio di
servirti della tua stessa bomba>>.
Bisogna smetterla di biascicare trenodie. Bisogna mettersi dalla parte
della bomba. Un esempio: non preoccuparsi del male nel mondo,
scriverci sù un libro piuttosto.
Dipende da te, da quale parte della bomba sei schierato: se sopra o sotto
di lei.
I miei testi sul nichilismo, sulla distruzione, sul terrorismo sono modi
per cavalcare il nichilismo che ci pervade e ci spaventa. Sono modi per
combattere in prima linea la guerra estetica della nostra esistenza e per
non lasciarci terrorizzare dalla banalità del male che ci circonda.
Dobbiamo rassegnarci ad accettare l’impossibilità di superare il
linguaggio.
Quando la sincerità è irraggiungibile arriva l'ironia. Il sarcasmo è il
nostro modo di essere sinceri al di là del vero e del falso; il nostro modo
di lacerare le carni per svelare come siamo fatti dentro.
Dobbiamo rassegnarci ad accettare la catastrofe, la guerra, la morte, e
accoglierle come una festa. <<Il cinico crede alla fertilità della catastrofe
[…] egli fa scoppiare l’ingiustizia nella speranza che l’ingiustizia si
annullerà per omeopatia del caos e del putiferio>> (Jankélévitch).
Dobbiamo <<andare attraverso il CAOS, cavalcarlo come una tigre,
abbracciarLo (anche sessualmente) e assorbire parte del suo shakti, della
sua Linfa – questo è il Sentiero di Kali-Yuga. Nichilismo creativo>>
(Bey).
Dobbiamo rassegnarci a prendere per le palle il nostro destino, a
guardare Dio negli occhi, ad essere la sua volontà, ad essere lui.
La bomba rappresenta tutto ciò che paventiamo, ma rappresenta anche
noi, la nostra massima evoluzione.
La bomba è il nostro baratro. <<Ha cuore, chi conosce la paura, ma
soggioga la paura, chi guarda nel baratro, ma con orgoglio. Chi guarda
nel baratro, ma con occhi d’aquila, chi con artigli d’aquila aggranfia il
baratro: questi ha coraggio>> (Nietzsche).
Avere fiducia nella bomba è avere fiducia in noi stessi, nell’aporia, nel
logos, nella patafisica, nella violenza.
Amare la Bomba è amare la technè nella sua massima espressione, nel
suo massimo stadio di arroganza prometeica.
<<La Bomba è il vero Buddha occidentale […] La Bomba, lungi ormai
dall’essere mezzo per un fine, rappresenta, invero, il mezzo smisurato
che trascende ogni fine possibile>> (Sloterdijk).
Amare la morte è inumano, ma è il nostro destino. Amare la morte in
senso extamorale equivale ad amare la vita.
L’amare la bomba è una <<confessione compulsiva>>, un modo per
liberare all’esterno il proprio conflitto interiore. <<La condizione in cui
ci troviamo ci obbliga a fare i conti con la catastrofe e a coricarci al suo
fianco perché essa non ci sorprenda durante il sonno>> (Junger).
Rilassiamoci dunque e lasciamoci cullare dal circolo; rallegriamoci di
essere i bachi del sistema, i virus in loop.
Occorre cavalcare la tigre avvenirista. <<Se si riesce a cavalcare una
tigre, non solo si impedisce che essa ci si avventi addosso, ma, non
scendendo, mantenendo la presa, può darsi che alla fine di essa si abbia
ragione>> (Evola).
Occorre rifugiarsi sulla tigre come nella più grande paura, spronarla,
nutrirla, diventare noi stessi tigre e lanciare i lunghi artigli sulla folla.
Occorre <<saper controllare il vortice del mutamento, il maelström della
modernizzazione, invece di farsene risucchiare>> (Coupland).
<<Io voglio guardare furente nel nulla e affratellarmi con lui, in modo
da non avvertire più residui umani quando mi ghermirà. Con te, vecchio
alchimista, vorrei mettermi in cammino; solo, non devi mendicare per
ottenere il cielo – non mendicare – espugnalo piuttosto, se ne hai la
forza>> (Bonaventura).
Non si può comprendere la distruzione, si può solo essere distruzione,
essere nichilismo, essere Dio.
Occorre dacnomania, amor fati, jujitsu. Occorre cavalcare la paura,
accelerare l’aumento di entropia. Se chiamarle bombe vi spaventa, usate
<<supposte anodine>>.
Dobbiamo essere pronti a cavalcare la terra. Cavalcare desideri come
demoni su cavalli alati, come valchirie, come cavalieri dell’apocalisse,
come Kalki con la sua spada fiammeggiante, come Mitra sul toro.
Con Akab il capitano lanciare tre urrà e tuffarci, ciechi come il destino,
nel nichilismo solitario, <<”non” per affrancarsi dal terrore e dalla
compassione [...] ma per “essere noi stessi”, al di là del terrore e della
compassione, l’eterno piacere del divenire – quel piacere che comprende
in sé anche il “piacere dell’annientamento”>> (Nietzsche).
blissett@live.it