La vita è una citazione
<<Bruciavo anch’io perché tutto ciò che era consumabile doveva ardere.
Questo mondo sazio, ripugnante, doveva esser distrutto>>
Ernst von Salomon
<<Avvampa dentro di me un desiderio selvaggio di emozioni intense, di
sensazioni, un’ira contro questa vita piatta, sfaldata, normale e sterilizzata, e
una voglia di fracassare qualcosa, non so, un magazzino, o una cattedrale, o me
stesso; di commettere pazzie temerarie>>
Hermann Hesse
<<Incendio e consumazione, ecco quel che deve essere la nostra vita, o voi che
discorrete della verità! E più a lungo della vittima vivranno il vapore e l’incenso
dei sacrifici>>
Friedrich Nietzsche
<<La totalità è in me questa esuberanza: una aspirazione vuota, un desiderio
doloroso di struggersi senz’altra ragione che il desiderio stesso – e la totalità lo
è’ interamente – di bruciare. In ciò essa è la voglia di ridere di cui ho parlato,
questo prurito di piacere, di santità di morte... Non ha più compiti da
assolvere>>
Georges Bataille
<<Quando tu bruci / tu non sei più l'uomo, / il Dio tu sei!>>
Aldo Palazzeschi
Voglio bruciare nella biblioteca di Babele, tra Serafino e Borges da
Burgos, accostando al tuo cuore già in fiamme le fiaccole, per così dire,
delle parole ardenti. E dopo mi sentirò lambire le vesti, le fiamme
arderanno sotto la mia casa... griderò, esulterò. Io sono una fiamma che
aspetta!
Morte sul rogo… pericolo, pericolo d’incendio… desiderio, desiderio
ardente… fuoco fuoco fuoco.
Voglio bruciare a San Venceslao. Voglio bruciare del fuoco dei Titani,
del conato all’autosuperamento. Voglio bruciare, bruciare, bruciare
come candela romana gialla e favolosa, voglio esplodere come ragno tra
stelle .
Tutto brucia. L'occhio brucia. Le forme visibili bruciano. La
consapevolezza brucia, e così la sensazione. Brucia con il fuoco della
brama, con il fuoco dell'odio, con il fuoco dell'illusione; brucia con la
nascita, la vecchiaia e la morte, con il dispiacere, il lamento, la
sofferenza, l'afflizione e la disperazione.
Là sopra il mio banco ove nacque il mio libro, come per benedizione, io
brucio il primo esemplare, e guardo avido quella fiamma, e godo, e mi
ravvivo, e sento salirmi il calore alla testa come se bruciasse il mio
cervello.
La mia mente è in fumo. Non è uno sforzo sovrumano, è fumo di avaria.
E’ fumo d’avaria e di sforzi sovrumani. E’ il fumo di scena impiegato
per la nascita di Atena. E’ un fumo di banconote bruciate, pagine di
letteratura e manuali di informatica bruciati. Cervelli già pieni di fumo
che vanno in fumo. In fiamme come il primo, In Fiamme Come Bruno.
Brillerò della luce dei miei sogni rabbiosi, e le mie membra lambite da
venti iperborei si sublimeranno al fuoco di di Efeso.
Sarò io l’oceano stürmisch nel quale sprofondo, la candela pluriaccesa,
il fauno incendiario, l’autodafé, la fiamma prometeica, il fuoco fatuo, la
queima dell’anamnesi.
Il fuoco è bello, iocundo, robustoso e forte. Io odio il fuoco. Odio Cecco
Angiolieri.
Il fuoco era una figura retorica ardente, ora non è rimasto ne l’ardore ne
la figura, ma solo la retorica.
Il fuoco è neghittoso, ci ha rotto le balle. Il fuoco non è villa con piscina
o seimila euro al mese. Non è nemmeno internet o concerti sulla
spiaggia. Il fuoco non fa pompini e non regala free drinks.
E tu che mi leggi sei una fregna rotante. E vuoi solo soldi ormai. Ed hai
perso ogni capacità di immedesimazione.
Le città
Una gru può essere anche fine a se stessa
Le cose un po' intraducibili sono le migliori, assieme alle cose
totalmente intraducibili. Queste sono gli oggetti che cerchi la mattina per
le strade.
Sono le nuove formule, per metà fuori e per metà dentro te.
Sono le azioni che portano un buon karma, che portano buone nuove,
che ti rendono una persona migliore.
Le città sono lo sfondo delle nostre scopate, e più o meno sono sempre
le stesse. Nel mondo ce ne sono più di cento.
Dopo le sei viene la notte e puoi ascoltare musica mentre ti sposti.
Le scritte sui muri sono uguali da trent'anni.
Gli artisti non realizzano di essere morti.
Gli uomini delle città sono piccoli burocrati con la mania dei nomi.
Gli uomini delle città hanno intelligenze collettive, hanno stivali di pelle
e vanno in giro e salutarsi tra loro.
Anche i loro palazzi sono uguali e ti deprimono. Ma poi ne compri uno e
ti senti un figo. Ti compri un paio di occhiali scuri e vai a rimorchiare
una ragazza.
La città è una gara a costruire nuovi palazzi; una gara a chi ha il natale
più ricco, a chi ha la mano più ferma, a chi tiene il filo di tutto, perché ce
l’hanno sempre detto, c'è un filo.
D'inverno è meglio, e d'autunno, o almeno quando piove, che le tue
lacrime si possono confondere con l'acqua.
La città produce palazzi e favole anche d'inverno, sempre più vere, per
sostituire quelle vecchie.
La città produce l'inverno per ispirare i poeti e per seppellire i cadaveri
dell'estate.
E’ sempre inverno e sempre notte nelle mie città.
Di giorno scopri che le luci del paese lontano erano solo i lumini di un
cimitero, e che non c’era niente, nessuna costruzione attorno a quelle
gru.
Penso alle città del nord, dove spesso è inverno. Con quella foschia che
cela il limite. Con quel buio che non vedi che sono solo stupide case.
Con quella musica di città che non ha senso se stai fermo, e allora devi
muoverti, anche se farlo significa scavare ancora più in basso.
La città è felice, ed io sono contento. Costruiamo nuove città.
Fabbrichiamo nuove storie. E poi moriamo.