Vangelo Nichilista by Luther Blissett - HTML preview

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Lo Tzara gonfiabile

Stare svegli tutta la notte condizione necessaria ma non sufficiente per essere

un damerino poeta

<<Luigi deve morire>>

Maximilien de Robespierre

Non parlo, o parlo e dico: <<no>>. Allora mi sorprendo e ricco-

business.

Può darsi che io non abbia tempo. Può darsi che io sia questo o quello.

Quindi non parlo, o parlo poco, o parlo alla tv, e se parlo dico: <<no>>,

o dico: <<forse>>, o me ne sbatto e sputo a terra. Cos'è? Vuoi fare a

botte? Mi è sembrato che tu abbia fatto un cenno col capo.

Ci sono milioni e milioni di maschere orrende.

Mamma: dov’è la mia maschera? Dov’è il manuale dei pensieri e dei

comportamenti?

Non le trovo più, devo averle perse. Ditemi: avete nascosto voi le mie

maschere?

Tutti vogliono dormire, e alcuni lo fanno, ma il poeta non dorme mai.

Lui sta sveglio tutta la notte in modo da non dormire neanche di giorno e

sognare cose belle e non parlare, o parlare e dire: <<no>> e sorprendersi

e ricco-business.

Non si può sottrarre tempo ad un poeta. Il poeta è un guardaroba. Il

poeta spiega a sua moglie che anche quando osserva fuori dalla finestra

sta lavorando. Il poeta non deve per forza essere celebrato nelle

antologie. Non tutti i poeti sono fatti per scriverle le loro cazzate.

Le opere sono alibi. Il lavoro non serve per darti da mangiare, ma per

darti un impiego. <<No, grazie, non ci serve niente>>

Il lavoro serve per impiegare il tuo tempo. Serve per evitare che pensi,

che ammazzi qualcuno, che dai di matto e spacchi tutto.

E’ come quando annuisci al professore di matematica per non essere

interrogato. Come quando balli perché la pista è piena e pare brutto

starsene impalati.

Il lavoro è come quando sei seduto al caffè della vita e ti senti di dover

per forza ordinare qualcosa.

Il poeta maledetto non è un’invenzione della critica ma una condizione

della vita.

E' tutta una questione di chi ci crediamo di essere e cavolate di questo

tipo.

Una volta un tizio era così convinto di essere un saggio che ha passato

tutta la vita a studiare, e saggio lo è diventato davvero.

La mia inesistente volontà mi ha portato a chiedermi chi fossi in realtà.

La mia inesistente volontà, intrisa del più rigido materialismo

meccanicistico, mi ha portato a vedere me stesso come una macchina

incapace di volere ma solo di funzionare. E la mia psiche come un

ingranaggio, e il mio passato come il mio futuro: già scritti.

Alcune cose sono blu, altre viola. Alcune cose spengono, altre sono

canzoni che puoi ascoltare ovunque col tuo lettore portatile.

Sono un broker che ha investito tutto sulla vita, perché puntare sulla vita

è il solo modo per godersi la vincita.

Potete vedermi sulle strade combattere il sistema, o nei vostri

teleschermi rilasciare interviste. Potete vedermi corteggiare ragazze

argomentando, con curve di Gauss, che la differenza tra amicizia e

amore è solo una costruzione sociale.

Sono questa freccia: >, o questa: ^, oppure sono il matto che non vuole

andare a nanna, o un sonnifero, una scollatura, un cappio di perle. Ho

visto il processo di Monaco: il più grande regalo che potessero fare ad

Hitler. Oh, no, guarda che macchia. Ma tu sei tranquillo, vero? Pensi di

avere tutto sotto controllo, giusto?

L'iperrealtà è la forma di non realtà più interessante. Chi promette

distruzioni globali spaventa meno di chi ci minaccia con un coltello.

Io voglio mettervi paura e liberare mostri (quelli generati dal sonno della

ragione). Voglio encomiare Elena. Voglio saltarvi addosso di notte.

Io sono l’anti-Daniele da Volterra; sono il vortice insensato della

trottola, il movimento e la sua negazione. Sono l’anti-umanesimo:

Lorenzaccio che decapita le statue, Aguirre che si firma “Il Traditore”,

Luther Blissett perché soggetto alla necessità del nome come

rassegnazione al destino.

Come il Bene, il Merisi, l'Hendrix distruggo l'esemplare.

Sono l’unica tomba piatta di Montparnasse. Sono un bardo manierista:

scrivo alla maniera di Tzara, che ha raggiunto la perfezione. Intendo

avere nella pirotecnica il ruolo che ebbe Gesù Cristo nell'ebraismo e

Isidore Isou nella poesia. Preferisco scrivere col machete più che leggere

col rampino. Le mie mani protese hanno dita adunche di predatori e

unghie graffianti, la mia faccia è tagliata da solchi profondi.

Io sono tutti i nomi della storia. Sono insieme Luigi XIV e Luigi XVI.

Sono qualsiasi cosa mi avete pagato per essere: Ireneo di Lione,

Antimero di Mende.

Io, che in quanto pioniere merito di essere ucciso dagli indiani. Arso in

quanto ardito.

Chiamatemi Mutt, Mil, Mill, Miller, la sostanza non cambia. Tempo fa

pensavo di essere un artista. Ora non lo penso più, lo sono. Tutto ciò che

era letteratura e ambizione mi è scivolato di dosso.

Chiamatemi Joe Doe se vi pare, ma vi giuro che sono un nichilista; e se

non mi credete anch’io, come Cristo e Warhol, vi invito a toccare le mie

cicatrici.

Sono un porco del gregge di Democrito; sono il comico che fa battute

sull’olocausto; sono un camion militare pieno di bestemmie.

Sono l'impero oltre la fine della decadenza. Sono un facilitatore del caos.

Con Karl Kraus penso: <<ben venga il caos, perché l'ordine non ha

funzionato>>, e ben venga l’entropia. Da tempo imparai a non

preoccuparmi e ad amare la bomba. Imparai ad amare la rivoluzione,

perché tutto ciò che cambia lo fa in meglio, perché niente può <<andare

per il verso storto>>.

Rido dell'Arte, rido dell'Uomo, dei versi, dei canti, dei templi greci,

delle torri a spirale che protendono al cielo vuoto le cattedrali, e con gli

stessi occhi vedo i buoni e i perversi. Non credo in Dio, rinnego ed

abiuro ogni pensiero.

Io che mi son detto mago o angelo, dispensato da ogni morale, eccomi

qui steso al suolo, con un dovere da cercare, e la rugosa realtà da

stringere!

Sono vivo e sono già morto. Quella che Fortini chiama ossimoro non è

la figura che domina le nostre opere, è il mistero che permea le nostre

esistenze.

D’altra parte chi vuol essere coerente? Lo stolto e il dottrinario, la gente

tediosa che trascina i propri principi fino alla conclusione amara

dell’agire, alla reductio ad absurdum della pratica. Non io. Io mi trovo

molto simpatico.

Vivo come un borghese e scrivo come un pazzo. Non ho venduto

l'anima al diavolo, glie l'ho regalata.

Sono l'artista lontano dal delitto per debolezza del volere e paura della

società, non ancora pronto per il manicomio, ma che allunga

stranamente le sue antenne verso queste due sfere.

Sarei divenuto un avventuriero di gran classe e dai modi raffinati, se

avessi avuto la forza fisica e la resistenza nervosa di realizzare una sola

impresa: quella di non annoiarmi.

Penso, scrivo, perché non conosco alcun mezzo per essere più di uno

straccio.

Voglio scrivere come un copywriter e pensare come un pubblicitario.

Voglio aforismi, slogan, motti, manifesti. Che ogni frase sia un grido di

battaglia, una teosofia compiuta, un adagio universale. Voglio pochi

colori e netti, contorni definiti e forme riconoscibili. Voglio stencil e

serigrafie, matrici e produzioni in serie.

Voglio seminare il panico tra i letterati, rubare le loro scorte di mutande,

togliergli le lamiere di eternit da sopra la testa e la terra da sotto i piedi.

Voglio esaurire l’arsenale di ideali e simboli in circolazione, consumare

tutto e lasciare glyphosate.

Voglio morire e abitare a Parigi.

Voglio un pisello pieno di sangue, e un conseguente calo di pressione

nel cervello.

Voglio essere continuamente irriconoscibile, identificarmi col diverso,

scandalizzare, bestemmiare. Brucare o fumare erba o ammazzare pargoli

non mi interessa per la semplice ragione che lo faccio da sempre. Ho

un'autostrada di nicotina e di catrame e sangue dentro che lo prova, sulla

quale viaggia veloce quanto di autodistruzione, di evasione, di

colpevolizzazione e di piacere consunto e solitario la mia morte esige e

ottiene.

Il mio è un libro cattivo, scritto da un allievo cattivo che ambisce a

diventare un maestro cattivo, un consigliere fraudolento, un cattivo

maestro. Voglio insegnare l’arte di dimenticare nella Scuola del

Sospetto.

Voglio essere interpretato nelle maniere più assurde ed usato come

supporto ideologico per i peggiori crimini.

In una concezione lineare della storia, la cultura esige perennemente di

superarsi. Ma il problema è che Dada non è più superabile. Occorre

quindi incarnare la metafora.

In una qualsiasi altra epoca avrei consigliato di andare a Parigi ad

incularsi il cadavere di Tzara, ma questa è l'era della riproducibilità

tecnica. Suggerisco quindi di fabbricare bambole Tzara gonfiabili in

modo da consentire al vasto pubblico tale privilegio, superando di

slancio qualsiasi limite necrofilo e dando finalmente pace alla nostra

satiriasi.

Propongo una produzione di massa di armi erotiche, bambole gonfiabili

a una dimensione con facce intercambiabili da Marcuse a Eisenhower.

La piena libertà porta ad accettare la schiavitù; l'autentico nonviolento è

un combattente; il vero risvegliato non è più un bodhisattva.

Il vero dadaista deve essere antidadaista.

Lo Tzara gonfiabile può essere anche usato a mo' di manichino per le

interviste, o come banderuola segnavento. L’importante è esporlo come

stendardo ad ogni occasione e farlo sventolare in prima file nelle parate.

Qualcuno proverà a colmare il vuoto all’interno della bambola con se

stesso, tagliandola e ricucendosela addosso come seconda pelle. Ma il

manichino è nichilista e vuole restare vuoto. Vuole essere riempito di

elio e volare, o di acetilene ed esplodere.