Salvati dalla Sua Vita by Marco Galli - HTML preview

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CAPITOLO 12

LA BUONA NOTIZIA DELL’INCARNAZIONE

 

 

 

Nel principio era la Parola,

la Parola era con Dio, e la Parola era Dio.

E la Parola è diventata carne

e ha abitato per un tempo fra di noi,

piena di grazia e di verità;

e noi abbiamo contemplato la sua gloria,

gloria come di unigenito dal Padre.

Vangelo di Giovanni 1:1 e 1:14

 

 

 

La Parola, il Logos,232 era fin dal principio, dall’eternità. Non solo era con Dio fin dal principio, ma era essa stessa Dio. Poi successe l’impensabile, qualcosa che solo qualche antico profeta aveva vagamente intuito, un mistero che era celato sin dalla notte dei tempi e che lasciò tutti meravigliati: il Logos si fece carne, della stessa carne di cui sono fatti gli uomini, mortale tra i mortali. Il creatore si abbassò e divenne uguale alle sue creature, venne a dimorare tra noi, vero Dio e vero uomo. Nulla poteva lasciar presagire un evento di tale grandezza, nessuna religione, filosofia o mito antico aveva mai immaginato un fatto così sconcertante. È da questa scoperta sorprendente, e con lo stesso stupore di allora, che inizieremo il nostro studio al fine di comprendere la buona notizia della salvezza, l’Emmanuele, Dio con noi.233

 

 

 

12.1. Emmanuele, Dio con noi

 

Nel prologo al Vangelo di Giovanni che abbiamo appena commentato, l’architrave su cui poggia il fondamento della rivelazione è il Logos che divenne carne, sarx,234 un essere umano; non semplicemente con un’apparenza umana, ma carne, visibile, tangibile, debole e corruttibile. Perché abbiamo detto che tale evento dell’incarnazione fu sconcertante? In fondo, come Cristiani, lo diamo per scontato, ne abbiamo sentito parlare centinaia di volte e ormai non desta più in noi grande stupore. Dobbiamo invece considerare che per gli Ebrei era impensabile che Yahweh, il Dio dei Padri, potesse farsi uomo, non era un’opzione contemplabile, poiché egli era come un fuoco divorante,235 d’una grandezza incommensurabile e solamente avvicinarsi a lui richiedeva infinite cautele; che Dio potesse divenire un uomo in carne e ossa non era immaginabile. Invece, per i pagani di cultura ellenistica, il pensiero dei quali era dominato dal mondo delle idee di Platone,236 tutto ciò che era materiale era solo una copia imperfetta del mondo spirituale, il mondo delle idee; il Logos, inteso come il pensiero perfetto, non avrebbe potuto prendere forma di carne imperfetta, era impossibile come far quadrare un cerchio. È dunque questo il messaggio sconvolgente che volle trasmettere Giovanni nel prologo al suo Vangelo, la parola incarnata. Parallelamente, in modo del tutto differente ma analogo nel significato, il Vangelo di Matteo si apre con la lunga genealogia di Gesù, al fine di radicarne la natura umana nella storia; la genealogia era infatti per gli Ebrei la sorgente dell’identità personale, il fondamento e la radice di ogni uomo. Esporre la genealogia in apertura, inserendo Gesù nel contesto storico e sociale, significava dunque comunicare un messaggio potente sulla sua piena umanità.

É importante notare che Gesù, nei quattro Vangeli, si autodefinisce Figlio dell’uomo237 per ben ottantuno volte, mentre fa riferimento a sé stesso come Figlio di Dio238 solamente cinque volte.239 La definizione figlio dell’uomo fu usata in particolare dal profeta Daniele in una delle sue visioni,240 e veniva associata alla figura del Messia; Gesù stava dunque indicando il suo ruolo di Messia, come confermato anche dallo scambio che ebbe con il Sommo Sacerdote durante il suo processo, in cui egli citò proprio il passo di Daniele.241 Per gli Ebrei, il Messia atteso sarebbe stato certamente un uomo, un discendente della casa di Davide, che avrebbe ottenuto la sovranità su Israele, raccolto gli Ebrei dai quattro angoli della terra e portato la pace nel mondo.

Ed è questo il punto dal quale dobbiamo partire, il Messia uomo inserito nella storia, che prende parte alle vicende umane. Non solo un Dio interessato agli avvenimenti umani, ma appassionato, tanto da intervenire nella storia divenendone egli stesso parte in causa, attore principale di un cambiamento epocale. Eppure, continua Giovanni nel suo Vangelo, la vera luce, quella che illumina ogni uomo, la parola di Dio, venne nel mondo prendendo forma d’uomo, in quel mondo che fu fatto per mezzo di lui ma che non lo riconobbe. Anzi, il mondo lo rifiutò perché egli testimoniava che le sue opere erano malvagie, e lo scacciò, fuori dalle porte della città, tra i reietti e i diseredati che invece lo avevano accolto. Come disse Bonhoeffer, abbiamo spinto Dio fuori dal mondo, sulla croce, perché l’uomo religioso non è in grado di sopportare un Dio debole e sofferente, un Dio uomo. La religiosità non ammette il Dio uomo poiché, nella sua angoscia e nel suo desiderio di controllo, anela alla potenza di Dio che possa risolvere ogni problema del mondo. Il Messia sofferente, che non ci aiuta dall’alto della sua onnipotenza ma in virtù della sua debolezza, è l’esatto opposto di ciò che si attende l’uomo religioso. Ma la risurrezione testimoniò di lui che era veramente chi diceva di essere; a questo punto, non rimase altro da fare che liberarsi di lui in altro modo, facendone un oggetto di culto. Tutto, fuorché ascoltare ciò che aveva da dire, in modo tale da eludere la responsabilità degli uomini nel mondo, che è esattamente l’inverso di ciò che Dio fece, venendo nella carne per essere compartecipe delle vicende umane. Clarence Jordan242 disse durante uno dei suoi celebri sermoni:

 

Abbiamo invertito l’incarnazione. Invece del Verbo che si fa carne e abita in mezzo a noi, abbiamo realizzato l’opposto, abbiamo preso un pezzo di carne e lo abbiamo divinizzato. Abbiamo divinizzato Gesù e così, ci siamo effettivamente liberati di lui ancor più che se lo avessimo crocifisso. Quando Dio diventa un uomo, non sappiamo cosa farcene di lui. Se rimane Dio, come un Dio dovrebbe essere, allora possiamo occuparci di lui. Possiamo cantargli delle canzoni se rimane Dio [...] Possiamo costruirgli le nostre cattedrali. Questo è il guaio in cui ci troviamo oggi. […] Così costruiamo chiese, erigiamo grandi monumenti a Dio e lo rifiutiamo come essere umano. […] Possiamo gestire Dio finché rimane Dio. Possiamo costruirgli una fontana. Ma quando diventa un uomo dobbiamo dargli un bicchier d’acqua.243

 

Dopo aver letto questo commento, acquistano nuovo senso le parole di Gesù quando disse: “Ebbi fame e non mi deste da mangiare; ebbi sete e non mi deste da berein quanto non l’avete fatto a uno di questi piccoli, non l’avete fatto neppure a me.244 Dunque, ciò che era iniziato con il Messia ebraico vero uomo, terminò con un Cristo divinizzato, e questo avvenne sotto la spinta di religioni orientali che collocarono Gesù al di fuori della nostra portata, nel mondo spirituale, rendendogli un culto che qualcuno ha definito “cristolatria”. Come scrisse Walter Rauschenbusch: “Il nostro universo non è una monarchia dispotica con Dio sopra il baldacchino stellato e noi quaggiù; è un commonwealth spirituale con Dio in mezzo a noi. Siamo su un terreno cristiano quando insistiamo nel mettere l’umanità nel quadro.”245 Emmanuele significa infatti Dio con noi uomini, in quanto uomo.

 

 

12.2. Vero Dio e vero Uomo?

 

L’ipotesi sulla natura di Gesù, che oggi diamo per scontata ed è espressa dalla dottrina cristologica accettata, fu in realtà un terreno di accesissimo scontro nei primi secoli del cristianesimo, fino a quando non si giunse a una sintesi definitiva durante il Concilio di Calcedonia del 451 d.C. Non è possibile in questa sede ricapitolare le varie fasi che portarono alla configurazione finale della dottrina, poiché ci vollero quasi 2 secoli, 5 Concili e uno scisma della Chiesa per giungere alla definizione condivisa, oggi adottata da tutte le maggiori confessioni cristiane, a eccezione di alcune Chiese Orientali.246 Ciò che preme sottolineare è che il dibattito sulla natura di Cristo non fu per nulla scontato e che, in varie fasi, schieramenti opposti si sfidarono con ogni mezzo, ricorrendo spesso a stratagemmi e manipolazioni non sempre finalizzati all’amore per la verità, come testimoniò Gregorio Nazianzeno nel IV secolo:

 

Temo i concili, non ne ho mai visto alcuno che non abbia fatto più male che bene, e che abbia avuto una buona riuscita: lo spirito polemico, la vanità, l’ambizione vi dominano; colui che vuole riformare i maliziosi si espone a essere a sua volta accusato senza averli corretti.247 […] Abbiamo diviso Cristo, noi che tanto amavamo Dio e Cristo! Abbiamo mentito gli uni agli altri a motivo della Verità, abbiamo nutrito sentimenti di odio a causa dell’Amore, ci siamo divisi l’uno dall’altro!248

 

Per semplificare questo lungo e travagliato processo che portò alla dichiarazione finale sulla natura di Gesù, possiamo dire che, tolta di mezzo l’eresia gnostica secondo la quale Gesù possedeva solo natura divina, e quella ariana per la quale Gesù possedeva solo natura umana, si fronteggiarono due scuole di pensiero intermedie; l’una che faceva riferimento alla scuola di Alessandria d’Egitto, che si concentrava sulla divinità di Gesù, l’altra rappresentata dalla scuola di Antiochia di Siria, il cui accento era posto invece sull’umanità di Gesù.249 La lunga contesa si concluse con la seguente dichiarazione:

 

Seguendo i santi padri, all’unanimità noi insegniamo a confessare un solo e medesimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua umanità, vero Dio e vero uomo, [composto] di anima razionale e di corpo, consustanziale al Padre per la divinità e consustanziale a noi per l’umanità, simile in tutto a noi fuorché nel peccato, generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità e nato in questi ultimi tempi per noi e per la nostra salvezza da Maria, vergine e madre di Dio,250 secondo l’umanità, unico e medesimo Cristo, signore unigenito; da riconoscersi in due nature, senza confusione, immutabili, indivise, inseparabili, non essendo venuta meno la differenza delle nature a causa della loro unione, ma essendo, anzi, salvaguardata la proprietà di ciascuna natura e concorrendo a formare una sola persona e ipostasi; egli non è diviso o separato in due persone, ma è unico e medesimo figlio, unigenito, Dio verbo e signore Gesù Cristo.251

 

La dichiarazione di Calcedonia prevedeva dunque due nature in Gesù, umana e divina, distinte ma inseparabilmente unite in una sola persona e ipostasi (sostanza), ed è oggi la formulazione accettata. Riesce difficile immaginare una definizione migliore di questa, tuttavia, tra molti Cristiani l’idea comunemente diffusa è quella di un Gesù divino in cui l’umanità costituisce natura subordinata.252 Secondo quest’errata interpretazione, molto simile all’idea gnostica, Gesù non fu un uomo normale, ma Dio in terra, con una natura umana per così dire accessoria. Ne consegue che egli non avrebbe vissuto e sofferto come noi perché era un essere divino; anche la passione e il supplizio della croce sarebbero state, in quest’ottica, più sopportabili per lui di quanto lo sarebbero per un vero uomo. Carter Heyward, nel suo controverso libro The Redemption of God scrisse:

 

Nicea e Calcedonia hanno prodotto un’immagine platonica di un uomo divino la cui umanità è poco credibile. In base a Calcedonia, sappiamo che non possiamo fare quello che ha fatto Gesù (atti divini nella storia) perché non siamo quello che era Gesù (divino).253 La teologia che postula questo “Dio” denigra l’umanità e ciò che in definitiva è più significativo per noi nel mondo: Dio incarnato.254

 

 

12.3. Gesù vero uomo

 

I Vangeli, invece, raccontano di un Gesù veramente e pienamente umano:255a) parlano di Gesù che ebbe fame quando, tornando da Betania, si accostò a un fico per coglierne i frutti ma non vi trovò altro che foglie e si adirò; b) ebbe sete, in agonia sulla croce; c) fu stanco quando, durante il lungo cammino per tornare in Galilea, si dovette fermare presso un pozzo per riposare, a Sicar, in Samaria; d) ebbe sonno, tanto da dormire su una barca nel bel mezzo di una tempesta. e) Fu triste e angosciato fino alla morte; f) ebbe persino paura, nel giardino dei Getsemani, prima del suo arresto. g) Gesù pianse amaramente su Gerusalemme quando, avvicinandosi, ne presagì l’incombente catastrofe; h) e fu turbato dal fatto che uno dei suoi amati discepoli l’avrebbe presto tradito. i) Si commosse per i due ciechi che, mentre usciva da Gerico, lo implorarono di ridar loro la vista; j) e provò compassione per le folle stanche e sfinite perché erano come pecore senza un pastore. k) Ma provò anche rabbia, tanto da farsi una sferza di cordicelle per scacciare i mercanti del tempio, rovesciando i tavoli dei cambiavalute; l) perse la pazienza e sbottò nei confronti dei suoi discepoli per la loro mancanza di fede;m) e insultò gli Scribi e i Farisei a causa delle loro opere malvagie. n) Al contrario si rallegrò per la grande fede mostrata da un centurione romano, un pagano; o) e provò immensa gioia per il fatto che era piaciuto al Padre di rivelarsi agli umili.Soprattutto Gesù amò; p) amò i suoi discepoli, in particolare Giovanni e Pietro, tutti i suoi amici, Marta, Maria, Lazzaro e perfino coloro che lo stavano crocifiggendo, poiché pregò per loro;q) e amò il Padre sopra ogni cosa. r) Era all’oscuro di quando sarebbe giunta la fine dei tempi; s) aveva una volontà sua, personale e indipendente, tanto da chiedere al Padre di allontanare da lui il calice di sofferenza che stava per bere;t) e giunse persino a rammaricarsi nei confronti di Dio, sulla croce, al grido: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?E questa sua umanità ci fa paura, perché ci confronta con le nostre stesse debolezze.

Certo si potrebbe obiettare che in fondo non era un uomo tanto “normale”, visto che compiva miracoli e guarigioni, risuscitava i morti e scacciava i demòni. Ma lui disse che anche noi avremmo fatto le stesse cose e maggiori di quelle che aveva fatto lui.256 Non è forse vero che anche i suoi discepoli compirono guarigioni miracolose e prodigi,257 risuscitarono i morti258 e scacciarono i demòni?259 Anche Pietro camminò sull’acqua per un tratto, e nessuno di loro era un super-uomo, anzi.

Quali conseguenze avrebbe riconsiderare la piena umanità di Gesù, libera dagli arcani condizionamenti dello gnosticismo, recuperandola dalle storie dei Vangeli? Ritengo che questa riappropriazione ci donerebbe la dignità e la responsabilità di uomini, ci direbbe che la natura umana è degna dell’amore di Dio, ci ristorerebbe dalla condizione di miseria in cui ci ha relegato la religione addossandoci la colpa del peccato di Adamo ed Eva; è una narrazione di derivazione manichea che per secoli ha demonizzato tutto ciò che è umano. Ha fatto sì che vivessimo una vita zoppa, priva di speranza per l’umanità, e ci ha istruiti a una credenza astratta in cui siamo chiamati a riporre fede in un “Cristo magico”. È il pensiero pagano, secondo il quale possiamo delegare alla divinità la responsabilità delle nostre vite e aspettarci un intervento miracoloso, il tocco di “bacchetta magica” che sistemi ogni cosa, mentre noi tiriamo a campare o viviamo unicamente per i nostri interessi, scollegati da tutto ciò che Gesù predicò. L’Emmanuele è Dio con noi, non Dio al posto nostro, come invece insegna certa teologia, che suona tanto suadente poiché è la via facile della deresponsabilizzazione. C’è poco da stupirsi se i pagani spesso guardano con disprezzo ai Cristiani, per l’incoerenza delle loro vite rispetto alla vita dell’uomo Gesù. Il Mahatma Gandhi260 disse che gli piaceva Gesù Cristo, ma che non gli piacevano i Cristiani, poiché “i Cristiani sono così diversi da Cristo”, e aggiunse che se i Cristiani vivessero veramente secondo gli insegnamenti di Gesù, l’intera India sarebbe già diventata Cristiana da un pezzo.

Gesù veramente uomo, con le sue debolezze, ci rende invece responsabili di vivere una vita coerente con tutto ciò che lui insegnò, poiché, come lui visse da semplice uomo, anche noi possiamo vivere allo stesso modo. Divinizzare lui significa demonizzare noi e giudicarci incapaci di fare tutto ciò che egli ha comandato; come lui visse anche noi siamo chiamati a vivere, senza giustificazioni, questo è il messaggio implicito nella sua umanità. Scrive un Pastore battista:

 

Paradossalmente, quando credevo che Gesù fosse Dio non lo prendevo sul serio. Ma quando gli ho permesso di essere un essere umano imperfetto, ma coraggioso e compassionevole, ho scoperto un interesse irresistibile a diventare come lui. Quando ho creduto che Gesù fosse Dio, era così “elevato e innalzato” che era al di là della mia portata. Quando l’ho lasciato essere un essere umano mi sono destato alla mia responsabilità di portare avanti il suo programma. Non potevo più nascondermi dietro la sua divinità.261

 

In realtà, i discepoli stessi e la prima Chiesa non intesero Gesù quale essere divino, ma lo ritenevano un uomo per mezzo del quale Dio aveva operato grandi prodigi: “Uomini d’Israele, ascoltate queste parole! Gesù il Nazareno, uomo che Dio ha accreditato fra di voi mediante opere potenti, prodigi e segni che Dio fece per mezzo di lui tra di voi262 disse Pietro al popolo di Gerusalemme. La sua completa divinizzazione fu un processo che iniziò in seguito e portò all’assorbimento della sua natura umana in quella divina, privandoci del Gesù uomo accessibile a noi comuni mortali.

 

L’ellenizzazione di Gesù si è evoluta da, e ha portato a, una spiritualizzazione del Gesù umano. I concili situarono il significato primario di Gesù in chi era (il Logos eterno, consustanziale con il Padre, in due nature: pienamente umano, pienamente divino) piuttosto che in ciò che fece (predicava, pregava, insegnava, guariva, faceva amicizia, e così via). Nello stabilire l’essenza di Gesù come centrale per la fede cristiana, la chiesa ha relegato le sue azioni in un posto di significato secondario e piuttosto irrilevante.263

 

 

12.4. Gesù vero Dio

 

Abbiamo dunque visto che la tendenza, sin dai primi secoli del cristianesimo, fu quella di divinizzare la figura di Gesù e questo ebbe come conseguenza di estraniarlo dal mondo naturale e di toglierlo dalla nostra portata. Dall’altro lato, non è però pensabile di eccedere all’opposto, ovvero considerare Gesù solo come uomo e ignorare il fatto che era vero Dio. Contemplare Gesù unicamente per il suo aspetto umano avrebbe come effetto di renderlo non molto diverso dai profeti che lo avevano preceduto, da Mosè fino a Giovanni il Battista o ad altri uomini nella storia delle religioni, Buddha, Confucio, Maometto, etc.; mantenere invece salda la consapevolezza della sua natura divina ci consente di attribuirgli preminenza su tutto ciò che altri nella storia hanno predicato. Questo ci deve portare a riflettere sulla sua parola poiché, dal fatto che lui era realmente la parola di Dio, ne consegue che tutto ciò che egli disse è vero e rilevante per le nostre esistenze; Giovanni disse che il Logos, che è sinonimo di verità,264 si fece carne. “Che cos’è verità?” chiese Ponzio Pilato; la verità è l’informazione originaria che scaturisce direttamente dalla sorgente, non è intermediata, interpretata o manipolata, ma procede senza interruzione dall’origine stessa di ogni cosa, ovvero da Dio. Gesù disse che nessuno aveva mai visto (conosciuto intimamente) Dio, se non colui che procedeva da Dio e che l’aveva fatto conoscere.265 In altre parole stava dicendo: “Io porto l’informazione originaria,266 quella che proviene da Dio.”

Gesù non incoraggiò mai un’adorazione (divinizzazione) della sua persona, egli non ha bisogno delle nostre chiese, altarini, processioni, offerte, incensi, sacrifici, preghiere, etc., ma domandò solamente di essere ascoltato e creduto, ovvero che prestiamo attenzione alle sue parole, le riteniamo vere, le conserviamo nei nostri cuori e le mettiamo in pratica nella vita, nelle relazioni e nelle scelte di tutti i giorni. Quando ad esempio disse: “Amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono, fate del bene a quelli che vi odiano, e pregate per quelli che vi maltrattano e che vi perseguitano”,267 non stava facendo speculazione intellettuale di alto livello o esprimendo una filosofia trascendentale, stava semplicemente chiedendo di fare esattamente ciò che disse, come lui fece sulla croce quando pregò affinché il Padre perdonasse coloro che lo stavano crocifiggendo. Niente di più, niente di meno. Questo è ciò che c’è di più rimarchevole nella rivelazione della divinità di Gesù, la veridicità del suo annuncio e l’importanza per le nostre vite di tutto ciò che egli ha comandato.

Per concludere la questione cristologica, è dunque centrale per la nostra fede salvaguardare il concetto della piena umanità di Gesù affinché, come egli visse anche noi possiamo vivere, senza tuttavia perdere di vista la sua divinità, che rende testimonianza alla verità di tutto ciò che egli predicò e dell’assoluta rilevanza delle sue parole per la nostra vita. Mi piacerebbe chiudere con la seguente sintesi, che spero possa aiutare a comprendere quanto abbiamo visto: Gesù fu vero Dio e vero uomo, come se non fosse Dio; ovvero il Logos, la parola di Dio, nel quale dimorava effettivamente tutta la pienezza della divinità,268 svuotò sé stesso,